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Le regole attuali ( e future ) di distanziamento sociale ci obbligano a rinunciare a molte forme di contatto fisico, dalla stretta di mano come saluto, agli abbracci tra amici e parenti. Non possiamo ancora dire con certezza che cosa comporti alla lunga questa situazione perché ci troviamo tutti nel bel mezzo di una specie di grande esperimento sul campo. L’unica quasi certezza che hanno raggiunto gli psicologi è che la mancanza di fisicità viene di solito associata alla fine di una relazione, di qualsiasi genere essa sia e non è certo una prospettiva allettante.
Da dove viene il nostro bisogno di fisicità?
L’atto di toccarsi , a condizione che sia delicato e provenga da una persona a noi gradita, viene elaborato dal cervello come una forma di ricompensa che ci porta a desiderarne sempre più spesso e di più.
Fin da piccoli abbiamo imparato che il contatto fisico è una cosa positiva, che crea e rafforza i legami sociali. Studi in materia hanno dimostrato che si è più inclini a fare un favore a qualcuno se in precedenza si è stati toccati brevemente da quella persona. Si tratterebbe del così detto effetto Mida, che prende il nome dal re Mida, personaggio della mitologia greca, che si narra trasformasse in oro tutto ciò che toccava. Dandone un’interpretazione allargata, significa che il contatto fisico renderebbe più generosi e ben disposti verso l’altro. Ci sono diversi studi che dimostrano, ad esempio, che i camerieri e le cameriere ricevono più mance quando toccano leggermente i loro ospiti sulla spalla o sul braccio. Una situazione simile è quella del personale infermieristico degli ospedali in cui, un lieve contatto fisico, è in grado di calmare i pazienti rendendoli meno sensibili al dolore.
La mancanza di contatto fisico limita enormemente la condivisione delle emozioni, sia di tristezza che di gioia. L'ho sperimentato personalmente da poco quando una collega ha ricevuto una promozione e non è stato possibile condividerne l’orgoglio e la soddisfazione con un abbraccio e festeggiando insieme.
Possiamo compensare con telefonate o videochiamate?
Una normale videochiamata non riesce in realtà a compensare la mancanza di vicinanza. Se manca il senso del tatto, dobbiamo cercare di trasmettere emozioni attraverso la voce e le espressioni del viso. Se siamo al telefono o in videochiamata, possiamo cercare di far trapelare più emozioni del solito e creare così una vicinanza.
Non è affatto difficile. Già arricchire un semplice "Buongiorno" con "Buongiorno! È un piacere vederti (parlarti)!“ fa un effetto diverso.
Un altro esempio sono gli incontri virtuali per prendere un caffè o un aperitivo in compagnia che tanto vanno di moda in questo periodo di quarantena, e che sottintendono a creare un rituale sociale contro la solitudine.
All’estremo opposto si trovano invece le persone che in questo momento vivono un'esperienza di eccessiva vicinanza perché bloccate nel loro appartamento con il partner e i figli, specialmente se sono coppie già in crisi e che ora si trovano confinate in una convivenza forzata, spesso aggravata dalla mancanza di spazio fisico per ritagliarsi un proprio angolo per sé, dove potersi ritirare in solitudine.
Sono in corso diversi studi internazionali per cercare di valutare il differente impatto che l’attuale distanziamento sociale (e fisico) avrà sulla popolazione dei diversi Paesi. Gli studi sono ancora in fieri, ma pare già chiaro come i Paesi della fascia mediterranea, tra cui l’Italia, soffrano della mancanza di contatto fisico ben più dei Paesi nordici, dove le persone tendono da sempre a toccarsi molto meno.
Conclusioni.
Il contatto fisico è un linguaggio universale a cui non possiamo rinunciare qualsiasi età si abbia, perché ci aiuta a comunicare quando le parole sono inutili o difficili da trovare, ha il potere di farci ricollegare alle nostre emozioni e di risvegliare quelle della persona che tocchiamo.
Ci ricorda che siamo esseri emotivi e non solo razionali. Un abbraccio ben dato migliora il nostro umore, dà sollievo, riduce lo stress, aiuta a sciogliere la tensione, offre la sensazione di essere compresi e accettati. Abbiamo bisogno di gesti che ci leghino agli altri perché hanno un impatto sul nostro benessere. Attraverso il contatto possiamo rassicurare, confortare, consolare, calmare, lenire le tensioni, sviluppare la fiducia, rassicurare.
Da qui la frustrazione che molti di noi provano in questo delicato periodo di distanziamento.
Foto: Drobot Dean/Adobe Stock
EMILIA31, 23.04.2020