Gli schiavi di ieri e di oggi

Gli schiavi di ieri e di oggi

2 | 6477 Visite

 

All’Ara Pacis di Roma è in corso un’importante mostra che durerà fino al 17 settembre su un tema che riteniamo ormai davvero sepolto nel tempo: la schiavitù, lo schiavismo.

 

Ma siamo così sicuri che si tratti davvero di parole legate a un mondo scomparso per sempre?

 

I termini "schiavo", "schiavitù", “schiavismo” vengono ormai generalmente usati in modo traslato, per esempio in riferimento a una persona oppressa da un vizio da cui non sa liberarsi, o da una complessa situazione familiare, o magari solo da un amore travolgente. Dopo aver visitato la mostra ci si renderà invece conto che i riferimenti possono essere molto più concreti e che il confronto tra il passato e il presente svela una realtà impietosa.

La mostra prende in considerazione lo schiavismo a partire dell'epoca "romana", quando gli schiavi nell'Impero romano erano molti milioni e costituivano una percentuale rilevante dell'intera popolazione. La gran parte della "forza lavoro" veniva infatti dall'uomo stesso e dagli animali da soma o da tiro. La "ricchezza" delle famiglie private così come quella dello Stato si misurava in numero di schiavi di cui si disponeva e aumentava con le conquiste di altri territori, città o intere nazioni.

 

La paura e la speranza

Quello che emerge dalle antiche cronache e dai reperti disponibili a Roma e ovunque arrivarono le armate romane è che a fronte di un alto numero di schiavi sparsi nelle campagne per le coltivazioni dei grandi latifondi o nelle case private, il sistema di controllo fosse - tutto sommato - poco articolato e abbastanza semplice.

Agiva fondamentalmente su due chiavi: la paura della punizione e l'attesa per il premio, riconoscimento che poteva portare, dopo un certo numero di anni di servizio, all’ "emancipazione", all' uscita dalla condizione di schiavo. 

Con la fine del lungo periodo di conquiste territoriali, diminuì però l'apporto di nuovi schiavi. Il loro il prezzo aumentò quindi in modo significativo, rendendoli una "merce" preziosa da tenere in buono stato di salute e a cui dedicare cure. L’evoluzione sociale nelle campagne poi, con la crescente diffusione del feudalesimo e delle sue complesse strutture economiche e militari resero meno conveniente l' impiego di manodopera schiava.

Il fenomeno si ripresentò in seguito in modo virulento in quelli che oggi definiamo gli “Stati del sud” degli Stati Uniti d'America, finalizzato alla coltivazione del cotone da inviare in Inghilterra, dove le nuove filande a motore erano piene di operai certamente non meno poveri, anche se apparentemente liberi.

Purtroppo anche dopo la fine della guerra tra Nordisti e Sudisti che portò alla cancellazione formale delle leggi sullo dello schiavismo, la condizione dei neri liberati rimase ferma al gradino più basso della scala sociale. E anche coloro che si trasferirono nelle città del nord, dove stava avviandosi la nuova fase di industrializzazione affamata di manodopera operaia, si trovarono a scontrarsi con la manodopera povera bianca e con la spietata concorrenza sui posti di lavoro, a tutto vantaggio dei proprietari che continuavano a ridurre i salari.

Per non parlare delle tragedie e delle vergogne connesse al Ku Klux Klan…

 

Lo schiavismo moderno

Ma siamo certi che da allora lo schiavismo sia scomparso?

Certo è sparito come forma statuita e legale di utilizzo della manodopera, ma nella sostanza tende a riprodursi tutte le volte che la concorrenza tra poveri porta ad un abbassamento delle retribuzioni tale da mettere in crisi ogni possibilità di contrattazione della paga.

Come vogliamo considerare la manodopera agricola stagionale che ogni anno lavora nei campi per pochi euro al giorno in condizioni indescrivibili?

E poi ci sono i rischi incombenti in altre culture dove a causa del protrarsi di guerre e rivolte, al venir meno dell’autorità dello Stato entrano in gioco interessi privati illegali e criminali.

Per finire, siamo tutti coscienti del bieco sfruttamento perpetrato a scapito dei bambini – utilizzati come mano d’opera a basso costo o vittime di sfruttamento sessuale - e delle donne. Rapite, stuprate, attirate con false promesse, finiscono sulla strada. Sono le “schiave moderne” che dopo la vendita di armi e droga, costituiscono la terza voce del business mondiale della criminalità organizzata.

In questi casi i legàmi che avviluppano la vita dell'individuo diventano talmente pesanti e invalicabili che si può davvero parlare di nuova schiavitù.

 

Foto: ©  PackShot / fotolia.com

EMILIA31, 27.07.2017