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Esiste un particolare tipo di biblioteca dove invece di libri di carta, si possono prendere in prestito persone, “libri aperti” e parlare con loro di cose che hanno vissuto.
La Human library
La Human Library, la “biblioteca umana”, è la biblioteca più bella e insolita del mondo: un’iniziativa nata in Danimarca nel 2000 e che da allora si è diffusa in moltissimi paesi.
Il giornalista e attivista danese Ronni Abergel, ha fondato la Human Library 24 anni fa nell’ambito di un festival danese: “E se invitassimo alcune delle persone più impopolari a raccontarci la loro storia, in modo da poterle capire meglio e dar loro la possibilità di liberarsi dalla scatola in cui le abbiamo messe?”, chiese agli amici di Copenaghen.
Un amico ha risposto: “Come in una biblioteca”. “Una biblioteca è uno degli ultimi luoghi rimasti in cui tutti sono benvenuti. Una biblioteca è gratuita, chiunque può venire, non importa quanti soldi abbia, che aspetto abbia, se sia un senzatetto o cosa faccia per vivere”.
L’idea è far conoscere le storie di persone che appartengono a categorie più o meno emarginate o subiscono discriminazioni di qualche tipo, per far superare i pregiudizi che potrebbero avere nei loro confronti.
Molte persone della Human Library sono stigmatizzate a causa del loro peso, della loro professione, del loro aspetto, del loro orientamento sessuale, religioso o politico, o magari perché sono sopravvissute a traumi o abusi.
La Human Library è ora disponibile in 80 Paesi, da Monaco a Tokyo, dal Bangladesh a Sydney. In questi anni la biblioteca ha organizzato eventi anche in Italia, ad esempio a Torino, a Firenze e a Verona, e ne ha ispirati altri del tutto simili in molte città, compresa Milano.
Come funziona
Un evento della Human Library è uno spazio aperto in cui ciascun lettore o lettrice è invitato a instaurare un dialogo aperto con il proprio libro “umano”, ovvero una persona disposta, su base volontaria, a raccontare la propria storia e a rispondere alle domande di chi la ascolta.
La Human Library infatti non è un luogo fisico: durante un evento, che può essere organizzato in una biblioteca o anche in altri spazi come per esempio un parco, i lettori scelgono una persona con cui conversare mezzora da un catalogo dei “libri” disponibili.
I libri umani e I lettori
Ognuna di queste persone è identificata da un titolo corto e descrittivo, per esempio “Transgender”, “Ex alcolista”, “Vittima di violenze sessuali” o “Persona con grave disabilità”, proprio come se fosse un libro.
Ciascuno rappresenta un gruppo sociale che è oggetto di preconcetti o discriminazioni per via della sua identità di genere, delle sue esperienze di vita o della sua religione, ma anche per il suo aspetto fisico, per la sua nazionalità o per il suo stile di vita.
Si tratta di argomenti che spesso attirano chi vuole saperne di più per motivi molto personali. Esempio tipico: la madre il cui figlio si è appena dichiarato gay e che ora vuole fare a un uomo gay tutte le domande che non osa fare a suo figlio.
Vengono escluse solo le persone violente, che vogliono fare proselitismo o che confondono la biblioteca con la psicoterapia. Il risultato è il tipo di incontro che si vorrebbe avere nella vita di tutti i giorni: aperto, rispettoso, con riferimento alle cose che riguardano molte persone nella vita e sono importanti per loro.
Per garantire che i partecipanti siano trattati bene, tutti sono addestrati a stabilire dei limiti, a contrastare le domande irrispettose e a ritirarsi se la situazione diventa eccessiva. I “bibliotecari” addestrati, ora 25 dipendenti fissi e innumerevoli volontari, parlano con i “lettori” e i “libri”, intervengono se un lettore diventa irrispettoso e uno psicologo addestrato è disponibile 24 ore su 24 se un interlocutore ha bisogno di digerire una conversazione anche dopo la chiusura della biblioteca.
I lettori sono invitati a fare le domande più scomode o imbarazzanti proprio per superare i propri pregiudizi: l’obiettivo dell’iniziativa è quello di “unjudge someone”, ovvero smettere di giudicare qualcuno.
Di solito nessuno ha tempo di fermarsi a parlare con le persone che non conosce per capire chi siano e per questo si tende «a infilarle in certe caselle, basando molti dei propri giudizi e pregiudizi sull’istinto anziché sulla conoscenza».
L’invito della biblioteca umana è entrare in contatto con quelle persone con cui normalmente non si ha niente a che fare, che mettono a disagio, preoccupano o imbarazzano chi non sa nulla di loro, per ascoltare le loro storie e scoprire qualcosa di nuovo. In questo modo si impara moltissimo non solo sulle altre persone, ma anche su di sé.
Generalmente le lettrici e i lettori sembrano soddisfatti dall’esperienza: secondo uno studio svolto dopo una serie di eventi organizzati con i dipendenti della società assicurativa Zurich, le storie dei “libri viventi” hanno «un impatto profondo» su chi le ascolta, e, anche se è poco probabile che un’esperienza di questo tipo cambi le opinioni più radicate, può essere utile per mantenere una mente più aperta.
E voi cosa ne pensate di questa iniziativa? Partecipereste a un evento del genere?
Foto: Michaela Begsteiger/Adobe Stock
EMILIA31, 29.08.2024